Comunicazione non verbale e afasia, alla Fondazione G. Borea e Z. Massa grande attenzione a questo aspetto per entrare in contatto con tutti gli ospiti
Alla Fondazione G. Borea e Z. Massa, le attività di animazione, fisioterapia, assistenza
sociosanitaria, non si limitano al superficiale intervento, ma mirano alla promozione del benessere
psicofisico individuale su progetti individualizzati definiti a partire da scale e questionari di valutazione
e monitoraggio cuciti ad hoc sulla persona. Infatti è a partire dalla persona, non dalla patologia (che
seppur è fondamentale conoscere per poter intervenire adeguatamente), che nasce ogni nostro
progetto. La persona considerata nel suo insieme, i suoi interessi, le passioni e le scelte che hanno
determinato quella storia fantastica che è la vita.
Gli operatori della Fondazione G. Borea e Z. Massa hanno appreso per studi, oltre che per esperienza,
l’importanza della comunicazione nel rapporto interpersonale con ogni ospite. Infatti sono accolti e
mai abbandonati anche coloro che sono affetti da afasia.
L’afasia è la perdita, parziale o completa, delle capacità linguistiche, ossia della comprensione o
dell’espressione linguistica, o di entrambe, conseguente ad un danno alle aree cerebrali del linguaggio
e non attribuibile a difficoltà di parola, ossia a disturbi dei processi meccanici del linguaggio.
Spesso l’afasia non è accompagnata dalla compromissione delle facoltà cognitive e i soggetti afasici
possono mantenere la capacità di muovere i muscoli dell’eloquio. Alla base del linguaggio c’è una
complessa rete di aree interconnesse tra loro e con altre reti cognitive.
Le capacità linguistiche sono correlabili a due livelli di comunicazione:
- Comunicazione verbale: reportage di parole che utilizziamo
- Comunicazione paraverbale: timbro, tono, velocità, volume della voce, più semplicemente è il
modo in cui diciamo qualcosa.
Il terzo livello di comunicazione è rappresentato dalla comunicazione non verbale, caratterizzata dai
gesti, dalla mimica, dalla postura, dal movimento e dalla posizione nello spazio rispetto
all’interlocutore.
Gli studi del docente Albert Mehrabian, che formulò il “Modello 55, 38, 7” testimoniano che il 55% del
messaggio comunicativo è dedotto dal linguaggio non verbale; il 38% dal paraverbale; soltanto il 7%
dal verbale.
Pertanto è lecito affermare che sia possibile, anzi necessario, entrare in relazione con ogni persona, a
prescindere dalla patologia, dalla compromissione psicofisica, dalla cultura, dalla religione, dallo status
sociale, imparando ad osservare, ascoltare e comunicare con ogni mezzo che possediamo, a partire da
noi.
In particolare, nelle neo-attività occupazionali svolte con le animatrici, gli ospiti hanno partecipato con
interesse, divertendosi attraverso la sperimentazione di materiali e colori. Attività pratiche che hanno
coinvolto molti, all’interno di gruppi eterogenei, in cui l’ironia, il divertimento e la passione sono stati
la bussola di traguardi raggiunti insieme.
Le relazioni interpersonali crediamo siano una delle questioni più complesse ed affascinanti che
appartengono alla vita, ragione per cui sosteniamo che empatizzare sia arte e abilità di coloro che
hanno il coraggio di farsi smuovere dal cambiamento, perché sentire l’altro implica mettere il cuore
davanti alla ragione.
“Tutti dicono che il cervello sia l’organo più complesso del corpo umano, da medico potrei anche acconsentire. Ma come donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore. Ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi” Rita Levi-Montalcini